G&B Festival, Giulio Boccaletti: Siccità sempre più intensa per la “sete” dell’atmosfera

MILANO. “Le discussioni su alluvioni e siccità, sull’ingegnerizzazione dei territori per gestire il nuovo ciclo dell’acqua, hanno poco a che fare con la scienza o l’ambiente: occorre una visione politica del futuro e un piano economico che la sostenga”. Giulio Boccaletti, direttore scientifico del Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici, si definisce uno “scienziato anomalo”. Dal palco del Festival di Green&Blue, in corso a Milano, ricorda come nell’ultimo secolo dighe, canali, centrali idroelettriche abbiano trasformato l’Italia da Paese povero a quinta potenza industriale. Poi le statistiche meteo, sulla cui base quelle infrastrutture erano state progettate, hanno iniziato a cambiare. E le vecchie opere si sono rivelate inadeguate per la nuova realtà.
Una delle tante conferme del cambiamento “idrico” è arrivata mercoledì scorso uno studio pubblicato su Nature: il riscaldamento globale sta rendendo l’atmosfera sempre più “assetata”, il che si traduce in ondate di siccità via via più severe. Gli autori hanno analizzato i dati relativi alla siccità nel periodo 1901-2022, riscontrando una tendenza al peggioramento. "I nostri risultati – scrivono i ricercatori – suggeriscono che la domanda evaporativa atmosferica (Aed) ha aumentato la gravità della siccità in media del 40% a livello globale. Non solo le regioni tipicamente aride stanno diventando ancora più aride, ma anche le aree umide stanno sperimentando tendenze alla siccità. Dal 2018 al 2022, le aree colpite da siccità sono aumentate in media del 74% rispetto al periodo 1981-2017, con l’Aed che ha contribuito al 58% di questo aumento e che ha un ruolo sempre più importante nel causare siccità e questa tendenza probabilmente continuerà”.
"Da una decina di anni almeno stiamo diagnosticando il riscaldamento del Pianeta in molti modi diversi. Questo studio rivela come i cambiamenti a cui assistiamo siano complessi”, commenta Boccaletti. “La siccità dipende da quanta acqua può stare sul terreno, da quanta le piante ne cedono per traspirazione e quanta l’atmosfera è capace diassorbirne. L’Aed è proprio la capacità dell’aria che fluisce sopra la superficie di assorbire acqua. Ebbene, le caratteristiche dell’atmosfera stanno cambiando: la temperatura media, la velocità del vento, la turbolenza. E questo fa sì che ci sia un maggiore assorbimento di acqua dal suolo”.
Ma è solo uno dei tasselli del complesso cambiamento del ciclo dell’acqua che per secoli aveva abituato le società umane a una relativa regolarità. “Poi la temperatura ha cominciato a salire, la quantità d’acqua che assorbe l’atmosfera ha preso a cambiare, la quantità di ghiacci a diminuire, le precipitazioni nevose a calare anche radicalmente e le statistiche del passato non sono ormai più utilizzabili per pianificare le infrastrutture”, spiega Boccaletti. Che aggiunge: “Le inondazioni o le ondate di siccità che abbiamo visto negli ultimi anni non sono solo il cambiamento climatico. Sono il fallimento di infrastrutture che erano state dimensionate sulla base di statistiche diverse. Mentre il cambiamento climatico è graduale, ci accorgiamo del fallimento dell’infrastruttura solo quando esso si verifica”.
E per il futuro? “Occorrerebbe un visione, sapere dove si vuole andare”, risponde lo scienziato. “Prendiamo la ricostruzione della Romagna dopo l’alluvione. Ci dovremmo porre il problema: il paesaggio idrico che stiamo ricostruendo come lo gestiremo? Vogliamo ricostruire la Romagna per farla tornare com’era? Ma visto che piove in modo diverso, è caldo in modo diverso, forse dovremmo chiederci come vogliamo che sia la Romagna del 2050. A quel punto sapremmo rispondere a domande tipo: quanta acqua serve? Per farci cosa? Ci mettiamo i kiwi, il mais o i data center? Sono queste scelte a determinare le risorse idriche e le opere da realizzare”.
"La scienza – conclude Boccaletti – ha un ruolo fondamentale nell’informare il dibattito pubblico. Ma non ha valore normativo. E comunque il vero nodo del dibattito resta: che Paesi vogliamo costruire? Tra cinquant’anni come sarà fatta casa nostra? Se non hai una risposta a queste domande, la scienza non ti può illuminare”.
“Dal 2018 al 2022 le aree colpite da mancanza di acqua sono aumentate in media del 74 per cento rispetto al periodo 1981-2017.
La Repubblica